Milano

Milano o Pechino? Andate in Via Paolo Sarpi e scoprirete il lato orientale della città più cool d’Italia

L’imponenza del Cimitero Monumentale, casa di poeti e artisti passati e contemporanei

Milano è una delle città più cool d’Italia: da musei incredibili, a piccole librerie indipendenti, la scoperta della città è adatta a tutti i gusti. Abbandonate i luoghi comuni legati al suo grigiore, o al fatto che “C’è solo il Duomo da visitare”. Milano è colorata, vivace e legata alla storia in maniera indissolubile. Scopriremo che è anche un po’ orinetale.

Fu conquistata e distrutta 7 volte: questo aspetto si legge nelle strade e nei cortocircuiti architettonici in cui vi imbatterete. Romana, Longobarda, Medievale, Rivoluzionaria e Positivista. È stata ed è città dove nascono idee sceibtifiche, baluardo di moti e signorilità; la città in cui è custodito il “Quarto Stato” di Volpedo e in cui si trova il murales più grande del mondo: sono ben 59 metri quadrati di colore, da ammirare sulle scale della Torre Allianz.

Storia

Passeggiando per Milano si possono scoprire luoghi inaspettati, come il quartiere cinese. Non immaginate un luogo senza anima, ma un brulicante centro di vita frequentato dai milanesi più esigenti, dove nel week end si possono scoprire taverne nascoste e supermercati da fare invidia a Pechino. 

Il quartiere cinese di Milano, si candida come l’unica China Town in Italia e la terza d’Europa. Nell’800, era l’area degli ortolani, con gradi spazi coltivati, che servivano alla sussistenza della città e delle aree limitrofe. Nonostante oggi sia in una zona centralissima, in passato ci si trovava distanti dall’area nobile della città. Negli anni Venti del Novecento, a causa delle grandi guerre che devastarono la Cina, ebbe inizio una vera e propria diaspora, che portò milioni di cinesi a migrare in tutto il mondo. Dirigetevi quindi in via Paolo Sarpi, poco lontano dal cimitero Monumentale (Metro lilla-fermata Monumentale).

China Town a Miano è stata abitata dai primi lavoratori del Sol levante, fra il 1920 e il 1930. Le guerre in Cina avevano richiamato molti cinesi nelle aree parigine. C’erano dei veri e propri reclutatori di manodopera, che organizzavano la rotta e dislocavano i lavoratori cinesi in varie città: da Hong Kong a Kuala Lampur, da New York a Parigi. Alla fine della Prima Guerra Mondiale, alcuni cinesi-parigini, si spostarono alla ricerca di nuovi lavori proprio a Milano. La richiesta era semplice: manodopera per lavorare i terreni. Così la piccola comunità iniziò a crescere. Per molti lavoratori il progetto era di guadagnare abbastanza denaro per poter tornare in Cina in vecchiaia. Così fu per molti di loro, anche se una parte di quella comunità è rimasta. Ci fu una seconda migrazione dopo la seconda guerra mondiale e un a terza negli ani ottanta. Ad oggi gli abitanti del quartiere sono ragazzi e ragazze che derivano da quest’ultima ondata migratoria: parlano il dialetto milanese e sono pronti ad accogliervi in ogni angolo di China Town.

Un sorso di…

Il quartiere è vivo ogni giorno, ma nel mese di febbraio è davvero spettacolare: si festeggia il capodanno cinese e, fra parate e fuochi d’artificio, potrete davvero sentirvi a Pechino, a pochi passi dal centro di Milano.

Non perdetevi un aperitivo alla ricerca del raviolo perfetto. Vi consiglio la Ravioleria Sarpi takeaway (via Paolo Sarpi 27). Se la sete si fa sentire vi consiglio di placarla all’interno della birreria italo-cinese La Buttiga Beer Room (via Paolo Sarpi 64). Un luogo che soddisfa i palati più tradizionalisti e quelli più curiosi, per concedervi una piccola pausa.

I mille sapori dei prodotti del quartiere cinese di Milano

Consigli di lettura:

Lui Xi, Io e l’Italia, Associazione Culturale Il Foglio, 2022

Laura Noulian, Il gusto proibito dello zenzero, Garzanti, 2010

Catania

Andiamo a Catania per conoscere Associazioni incredibili e visitare una quartiere poco conosciuto: Librino.

Il mercato di Catania, fra scatoloni, pesce fresco e piccioni

Abbracciata dal Mar Ionio e protetta dalla vetta dell’Etna, Catania è la culla degli elementi, che qui si toccano e si sfiorano: cielo, fuoco, terra e mare dialogano con il passato greco, arabo, spagnolo e normanno. Instancabilmente la città coinvolge il viaggiatore, in una scoperta unica: dall’ordinato quartiere Librino, realizzato dal giapponese Kenzò Tange, al caotico e odoroso mercato ittico; Catania è così quotidianità, storia e modernità.

Storia

Dalle origine preistoriche fu casa per greci, romani, ostrogoti e ciclopi. In seguito, i canti dei muazzin arabi invasero le strette vie della città, per poi essere zittiti dai vespri siciliani dell’occupazione angioina. La dominazione spagnola modificò ancora una volta la sua struttura, imponendosi anche nella lingua. Per i catanesi, infatti, andare “alla Playa”, non è solo un retaggio degno di una canzone dei Rigueira, ma un modo per indicare il litorale, che si estende per 18 chilometri. Con queste sfaccettature la città palleggiò fra il controllo dei Savoia e quello borbonico, per diventare parte del Regno d’Italia nel 1860. Nonostante la furia dell’Etna e di terremoti, che la distrussero più volte, la città fu ricostruita, con un progetto urbanistico Giovanni Battista Vaccarini, di cui si riflettono gli influssi di Juvarra, Bernini e Raguzzini. Grandi viali e nuove fabbriche, la trasformarono in una Coketown, degna di un romanzo di Dickens, ma con l’energia del Mediterraneo.

Nell’Aprile 1907, piazza Giovanni Verga, divenne sede della seconda esposizione agricola siciliana. Lo stile Liberty face da padrone, con linee morbide che competevano con la virtuosità barocca onnipresente in città: chioschi, giochi d’acqua e il tram elettrico resero Catania un baluardo di modernità e sfide ingegneristiche. Nel 1905, in via del Gazometro, alcune fabbriche dismesse divennero il deposito dei materiali elettrici dei tram, che sostituirono i malinconici omnibus usati dalla nobiltà: conducendo i passeggeri lungo i binari disposti fra le vie del centro e la spiaggia si apriva una nuova era.

Nel 1943 la città fu mutilata dalla devastazione della guerra, che si abbatté sui suoi lavatoi, sulle case barocche e sulle botteghe cittadine, come la storica oreficeria dei fratelli Russo. Dalle ceneri rinacque l’ultima Catania: divenne la seconda città più grande della Sicilia, oggi terzo scalo aeroportuale d’Italia e prestigiosa sede universitaria. Una città frizzante ed energica.

Dritti a Librino

Vi consiglio di dirigevi al quartiere Librino per conoscere i Briganti. Non fatevi spaventare dal nome! Librino sta fiorendo grazie a delle Associazioni culturali che credono davvero nella città e proprio noi possiamo aiutarlo ad abbattere la sua fama.

Entriamo attraverso la Porta della Bellezza, il più grande basso rilievo in terracotta al mondo e dal murales il Cantico di Librino, realizzati da Antonio Presti. Due opere che danno voce e forma agli abitanti di quest’area della città.

Il quartiere nacque nel 1976 con la promessa di essere la nuova zona multifunzionale della città. La struttura urbana fu commissionata all’architetto giapponese Kenzò Tange, che realizzò un centro ordinato e funzionale. Purtroppo la mal gestione delle risorse e la subitanea perdita di fiducia dei catanesi lo impoverirono, sino a degradarlo: ma in questi ultimi anni, Librino sta rinascendo.

Il quartiere è conosciuto in Italia per un grande merito sportivo: la squadra di Rugby. Lo sport è quindi diventato un mezzo per la rinascita di Librino e per il futuro di ragazzi e ragazze che lo abitano, grazie all’Associazione sportiva i Briganti. La passione e il sacrifico di tutti i briganti e le brigantesse ha permesso di ripristinare lo stadio: dalla partita al terzo tempo, le famiglie sono unite in progetti di associazionismo con altre realtà di Catania, come il bar libreria GammaZita. Ogni giorno si battono contro l’abbandono scolastico e l’impoverimento del quartiere.

Un sorso di…

Durante le vostre passeggiate vi imbatterete nei tanti chioschi che vendono limonata fresca. Lasciatevi tentare e non ve ne pentirete! Continuate verso il castello Ursino e dirigetevi da GammaZita. Qui Veronica, Daniele e i ragazzi dell’associazione vi conquisteranno con cocktail deliziosi e prodotti a chilometro zero.

GammaZita: un luogo imperdibile

Consigli di lettura:

Visitate la libreria di GammaZita, vicino al bar. Troverete delle piccole perle, selezionate da Veronica.

Venezia

Alla scoperta di una delle isole più suggestive di Venezia: San Lazzaro degli Armeni, fra leggenda e realtà.

Vista di Venezia dal Campanile di San Marco

Venezia è la città d’acqua per eccellenza, amata in tutto il mondo per il suo aspetto romantico e merlettato, per le vicissitudini di Casanova e delle cortigiane, ma è anche una città bohemian, contemporanea, misteriosa, buia, rude, prepotente e nobile al tempo stesso.

È l’ambientazione amata da Corto Maltese per compiere i suoi loschi affari, il lido in cui Thomas Mann incontrò la personificazione della sua fine, la sala di registrazione di Paolo Sorrentino e del suo Young Pope, il palcoscenico in cui Maria Callas fece vibrare la sua potente voce.

Storia

Venezia non è solo Rialto e San Marco: è un comprensorio di piccole e grandi isole sconosciute, di realtà culturali nascoste, che vi condurranno in un viaggio fra le corti sconte (nascoste) di questa isola a forma di pesce.

Vi conduco in un’isola poco conosciuta, dalla dimensione religiosa e culturale: l’isola di San Lazzaro degli Armeni. Da riva degli Schiavoni raggiungete l’imbarcadero D, con una corsa (7,50euro) potete andare e tornare dall’isola. Salite sul battello numero 20. La prima fermata è San Servolo, un antico Manicomio, ora Museo di anatomia, hotel e sede universitaria; successivamente raggiungerete San Lazzaro.

La storia di quest’isola è singolare. Agli inizi del 1100 fu sede benedettina, in seguito divenne parte del sistema sanitario della Serenissima: il nome non è casuale, San Lazzaro, poiché, come la dirimpettaia isola del Lazzaretto Vecchio, fu padrona delle sorti di molti malati che qui, morirono. Terminato il suo ruolo di lebbrosario, che fu conferito all’isola del Lazzaretto Nuovo, nell’area nord della Laguna, fu abbandonata. Solo nel 1700 il filosofo ed erudito Mechitar, scappato dalle persecuzioni ottomane vi si stabilì, ricevendo dal Consilio dei Dieci, l’ordine senatorio della città, la possibilità di fondare la propria comunità e di ridare vita all’isola, che ancora oggi splende ed è famosa per il roseto e la marmellata di rose che gli undici monaci confezionano in primavera.

Un’altra storia incredibile prende voce su quest’isola: nel 1907 un giovane campanaro georgiano, Bepi del Giasso (Beppe del Ghiaccio), trascorse mesi come seminarista. Di chi si trattava? Del giovane Stalin, che trascorse un periodo in Laguna prima di scappare a Berlino. La sua fama di campanaro era nota in città, in quanto si divertiva a suonare le campane con ritmo insolito e lasciava spesso il monastero per girovagare in piena notte a Venezia. 

Appena arriverete sull’isola apprezzerete il catamarano Armenia, purtroppo ferito dall’acqua alta di Novembre 2019, la torretta di avvistamento, dalla quale potrete ammirare un tramonto incredibile proiettati sulla Laguna sud e gli alberi da frutto. Dirigendovi verso l’ingresso vi accoglierà la statua di Mechitar e un’iscrizione marmorea di Lord Bayron, in cui viene indicato il suo affetto per quest’isola e per il popolo armeno.

La visita del monastero è sorprendente: con un a guida armena, al costo di 6 euro, verrete condotti nel chiostro, nelle splendida chiesa affrescata e all’interno delle stanze dei monaci. Incontrerete le macchine tipografiche utilizzate sino al 1900, i preziosissimi doni che venivano scambiati con la comunità armena, fra cui un sarcofago con mummia egizia e l’incredibile biblioteca, la più antica e ricca della Laguna, con circa 170 mila volumi provenienti da Europa, Africa e Oriente.

Terminata la visita assaggiate la marmellata alle rose, preparata con un’antica ricetta caucasica e, con l’animo e gli occhi gremiti di storie da raccontare,  ritornerete a Venezia.

Un sorso di..

Di ritorno dal vostro viaggio nella Laguna Sud, vi consiglio di sostare presso la Vineria all’Amarone. Il locale è un osteria veneziana autentica, i cui assaggiare i tipici cicchetti, preparati da Nicole e Antonella e accompagnarli con gli oltre 50 tipi di vino da abbinare, consigliati dai sommelier. Il costo medio si aggira sui 20 euro a persona. La qualità e la varietà dei piatti valgono davvero l’assaggio, accompagnati da un sorso, o anche due, dei vini selezionati.  

Vineria all’Amarone,  calle dei Sbianchesini 1131, Sestiere di San Polo.

Alla scoperta di una delle isole più suggestive di Venezia: San Lazzaro degli Armeni, fra leggenda e realtà.
In battello verso San Lazzaro degli Armeni

Consigli di lettura:

Ugo Pratt, Corto Maltese: corte sconta detta arcana, Einaudi, 1996

Tiziano Scarpe, Venezia è un pesce, Feltrinelli, 2000

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